Ricorso ex art. 127  della  Costituzione  per  la  Regione  Lazio
(80143490581), con sede in Roma, via Cristoforo Colombo  n.  212,  in
persona  del  Presidente  e  legale   rappresentante   p.t.,   Nicola
Zingaretti, rappresentata e  difesa  nel  presente  giudizio,  giusta
procura in  calce  e  in  virtu'  della  deliberazione  della  Giunta
regionale n. 100 del 27 febbraio 2019,  dall'avvocato  Rodolfo  Murra
dell'Avvocatura       regionale        (MRRRLF61D22H501P;        pec:
rodolfo.murra@regione.lazio.legalmail.it; n. fax: 0651686900)  e  dal
prof.   avv.   Francesco   Saverio   Marini   del   foro   di    Roma
(MRNFNC73D28H501U;                                               pec:
francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org; n. fax:  06.36001570),
anche in forma disgiunta fra loro, elettivamente  domiciliata  presso
lo studio del prof. avv. Francesco Saverio Marini  in  Roma  (00197),
via di Villa Sacchetti n. 9; ricorrente; 
    Contro Governo della Repubblica, in persona  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri p.t., con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi,
piazza  Colonna  n.  370,  rappresentata  e  difesa   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma  (00186),  via  dei
Portoghesi n. 12, e' domiciliata ex lege, resistente. 
    Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della  legge
30 dicembre 2018, n. 145 - Bilancio di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2019-2021 (Legge di stabilita' 2019), pubblicata in Suppl.  ordinario
n.  62  alla  Gazzetta  Ufficiale,  31   dicembre   2018,   n.   302,
limitatamente  all'art.  1,  commi  857,  865  e  866  di  tale  atto
normativo. 
 
                                Fatto 
 
    1. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 302  del
31 dicembre 2018, S.O.  n.  62,  e'  stata  pubblicata  la  legge  30
dicembre 2018, n. 145 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale  per  il  triennio  2019-2021
(Legge di stabilita' 2019). 
    2. L'art. 1  della  citata  legge  contiene  alcune  disposizioni
inerenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni e la
riduzione  dei  termini  di  pagamento  relativi   alle   transazioni
commerciali. 
    In estrema sintesi, i  commi  849-856  dell'art.  1  ampliano  le
possibilita' per gli  enti  territoriali  (comuni,  province,  citta'
metropolitane, regioni e  province  autonome,  anche  per  conto  dei
rispettivi enti  del  Servizio  sanitario  nazionale)  di  richiedere
anticipazioni  di  liquidita'  finalizzate  al  pagamento  di  debiti
(certi, liquidi ed esigibili) maturati  alla  data  del  31  dicembre
2018, relativi a transazioni commerciali. L'anticipazione puo' essere
finalizzata anche al pagamento  di  debiti  fuori  bilancio,  purche'
riconosciuti. Il limite  massimo  dell'anticipazione  concedibile  e'
pari ai 3/12 delle entrate accertate nel 2017 (dati  del  rendiconto)
afferenti i primi tre titoli dell'entrata del bilancio  (comma  850);
essa va richiesta entro il 28 febbraio 2019 (comma 853) e  restituita
entro il 30 dicembre 2019 (comma 855); gli enti  debitori  effettuano
il pagamento dei debiti per i quali hanno ottenuto l'anticipazione di
liquidita' entro quindici giorni dalla data di  effettiva  erogazione
da parte dell'istituto finanziatore,  mentre  per  il  pagamento  dei
debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale il termine  e'  di
trenta  giorni  dalla  data  di   effettiva   erogazione   da   parte
dell'istituto finanziatore. La richiesta di anticipazione deve essere
effettuata mediante la PCC. 
    3. In questo contesto, i commi 859-872 individuano alcune  misure
che il comma 858 definisce «principi  fondamentali  di  coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo  comma,  e
119, secondo comma, della Costituzione». 
    Riassuntivamente, tali misure introducono  un  nuovo  obbligo  di
accantonamento di risorse correnti, di importo crescente in base alla
gravita'  della  violazione,  applicabile  a  chi  non  rispetta  gli
obblighi di riduzione dell'ammontare del debito  complessivo  scaduto
rispetto all'esercizio precedente, i termini  europei  di  pagamento,
gli   obblighi   di   pubblicazione    nell'apposita    sezione    di
amministrazione trasparente  dell'ammontare  complessivo  del  debito
scaduto e dell'elenco dei creditori, nonche' a chi non  rispetta  gli
obblighi di trasmissione alla PCC dello stock di  debiti  commerciali
residui scaduti e non pagati. 
    4. Ai fini che qui rilevano, il comma 865 dell'art. 1 stabilisce: 
        «Per gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale  che  non
rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione  vigente,
le regioni e le province autonome provvedono ad integrare i contratti
dei  relativi  direttori  generali  e  dei  direttori  amministrativi
inserendo uno specifico obiettivo volto  al  rispetto  dei  tempi  di
pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita' di risultato. La
quota dell'indennita' di risultato condizionata al predetto obiettivo
non puo'  essere  inferiore  al  30  per  cento.  La  predetta  quota
dell'indennita' di risultato: 
          a) non e' riconosciuta qualora  l'ente  sanitario  registri
ritardi superiori  a  sessanta  giorni  oppure  in  caso  di  mancata
riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo; 
          b) e' riconosciuta per la meta'  qualora  l'ente  sanitario
registri ritardi compresi fra trentuno e sessanta giorni; 
          c) e' riconosciuta per  il  75  per  cento  qualora  l'ente
sanitario registri ritardi compresi fra undici e trenta giorni; 
          d) e' riconosciuta per  il  90  per  cento  qualora  l'ente
sanitario registri ritardi compresi fra uno e dieci giorni.». 
    Il comma 860 dell'art. 1, dopo aver previsto  che  gli  enti  del
Servizio sanitario nazionale applicano le misure  di  cui  al  citato
comma 865, specifica che «Per l'applicazione delle  predette  misure,
si fa riferimento ai tempi di pagamento  e  ritardo  calcolati  sulle
fatture  ricevute  e  scadute  nell'anno  precedente  e   al   debito
commerciale residuo, di cui all'art. 33 del  decreto  legislativo  14
marzo 2013, n. 33». 
    A norma del comma 857 dell'art. 1, nell'anno 2020, le  misure  di
cui - fra gli altri - al comma 865  sono  raddoppiate  nei  confronti
degli enti di cui al comma 849 (fra cui sono ricomprese  «le  regioni
(...) anche per conto dei  rispettivi  enti  del  Servizio  sanitario
tradizionale») che non hanno richiesto l'anticipazione di  liquidita'
entro i termini di cui al comma 853 (entro il 28 febbraio 2019) e che
non hanno effettuato il pagamento dei debiti entro il termine di  cui
al comma 854 (vale a  dire,  per  gli  enti  del  servizio  sanitario
nazionale, entro i trenta giorni successivi all'erogazione). 
    Infine, il comma 866 dell'art. 1 prevede: 
        «Le  regioni  trasmettono  al  Tavolo   di   verifica   degli
adempimenti regionali di cui all'art. 12 dell'intesa tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, del  23  marzo
2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
105 del 7 maggio 2005, una relazione  in  merito  all'applicazione  e
agli esiti del comma 865. La trasmissione della relazione costituisce
adempimento anche ai fini e per gli effetti dell'art.  2,  comma  68,
lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le cui disposizioni
continuano ad applicarsi a decorrere  dall'esercizio  2013  ai  sensi
dell'art. 15, comma 24, del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.  Le
regioni a statuto speciale e le Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano relazionano al citato Tavolo sullo stato di applicazione  del
comma 865.». 
    7. Con il presente atto la Regione ricorrente  chiede  all'Ecc.ma
Corte costituzionale adita di dichiarare l'incostituzionalita'  della
legge 30 dicembre 2018, n. 145, limitatamente all'art. 1, commi  857,
865 e 866 di tale atto normativo, in  quanto  fortemente  elusivi  di
numerosi profili  competenziali  costituzionalmente  attribuiti  alla
medesima, come pure dei principi di ragionevolezza, buon andamento  e
leale collaborazione, per i seguenti motivi in 
 
                               Diritto 
 
I. Incostituzionalita' delle disposizioni impugnate,  per  violazione
degli articoli 114, 117, commi 3, 4 e 6, 118, commi 1 e 2, 5  e  120,
comma 2,  della  Costituzione.  Violazione  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    1.  Come  accennato  in  narrativa,   le   disposizioni   oggetto
dell'odierno ricorso hanno stabilito che, per gli enti  del  servizio
sanitario nazionale che non rispettino i tempi di pagamento  previsti
dalla legislazione vigente, le regioni devono integrare  i  contratti
dei relativi  direttori  generali  e  dei  direttori  amministrativi,
inserendo uno specifico obiettivo volto  al  rispetto  dei  tempi  di
pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita' di risultato. La
quota dell'indennita' di risultato condizionata al predetto obiettivo
non puo' essere inferiore al 30 per cento.  La  disposizione  prevede
poi  singoli  scaglioni  di  modulazione  del  riconoscimento   della
predetta  quota  dell'indennita',  in  base  ai  giorni  di   ritardo
registrati e alla riduzione del  debito  commerciale  residuo  (comma
865). 
    La quota di indennita' di risultato da destinare all'obiettivo di
riduzione dei termini di pagamento e' raddoppiata al 60 per cento nel
caso  in  cui  le  regioni  non  abbiano  provveduto   a   richiedere
l'anticipazione di liquidita' di cui al comma 849  entro  il  termine
previsto del  28  febbraio  2019,  e  per  quelli  che  pur  avendola
richiesta non abbiano effettuato il pagamento entro il termine di  30
giorni dall'erogazione da parte dell'ente finanziatore (comma 857). 
    Della «applicazione» e degli «esiti» del comma  865,  le  regioni
sono tenute a trasmettere una relazione al Tavolo di verifica per gli
adempimenti regionali, istituito presso il Ministero dell'economia  e
delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale  dello  Stato,
ai sensi dell'art. 12 dell'Intesa in conferenza Stato-Regioni del  23
marzo 2005. Le regioni e le province autonome sono  invece  tenute  a
relazionare unicamente «sullo stato di applicazione del  comma  865»,
senza riferimento agli «esiti» della predetta applicazione. 
    L'invio di questa relazione  costituisce  adempimento  «anche  ai
fini e per gli effetti» dell'art. 2,  comma  68,  lettera  c),  della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 (comma 866). 
    La disposizione in esame  consente  l'erogazione  anticipata  del
finanziamento del S.S.N. a  cui  concorre  ordinariamente  lo  Stato,
nella  misura  del  3%  e   del   2%   del   suddetto   finanziamento
(rispettivamente per le regioni  che  accedono  all'erogazione  nella
misura del 97 per cento e  per  quelle  che  accedono  all'erogazione
nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore), «a seguito
dell'esito positivo della verifica degli adempimenti  previsti  dalla
normativa vigente e dalla presente legge». 
    2.  Tanto  premesso,  e'  opportuno   ricostruire   il   contesto
costituzionale in cui si collocano le disposizioni interessate, anche
alla luce della giurisprudenza di questa Corte. 
    In  primo  luogo,  occorre  prendere  le  mosse  dalla  esplicita
qualificazione di tali disposizioni quali «principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  degli  articoli  117,
terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione»,  operata  dal
comma 858 dell'art. 1. 
    Come noto, in base a costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
l'auto  qualificazione  impressa  dal  legislatore  non   ha   natura
dirimente,  dovendo  aversi  riguardo  alla  natura  effettiva  delle
disposizioni  interessate,  quale  si  desume  dal   loro   contenuto
normativa, dal loro oggetto, dal loro scopo e  dalla  loro  incidenza
nei confronti di altre norme dell'ordinamento (tra le tante, sentenze
n. 200 e n. 164 del 2012 e n. 85 del 1990). 
    Fermo quanto si dira' infra in ordine alla  natura  di  dettaglio
delle disposizioni impugnate, che impediscono  di  qualificarle  come
principi fondamentali della materia, e' certo  che  l'intervento  del
legislatore, alla luce  dei  richiamati  principi  giurisprudenziali,
interseca diversi  titoli  competenziali,  di  natura  concorrente  e
residuale, senza che possa individuarsi una materia prevalente. 
    Vengono in particolare in  rilievo  le  materie  di  legislazione
concorrente «coordinamento della finanza pubblica»  e  «tutela  della
salute». La prima - al di la' della qualificazione statale - si  puo'
rinvenire nella finalita' della misura di cui  alle  disposizioni  in
esame di ridurre i  termini  di  pagamento  dei  debiti  e  i  debiti
commerciali residui delle  pubbliche  amministrazioni,  nella  specie
degli enti del servizio sanitario nazionale, perseguita attraverso un
meccanismo di «responsabilizzazione» - recte, indirizzamento dei fini
e degli obiettivi - della dirigenza medica (commi 865 e 857). 
    Del pari, puo' ritenersi afferente  alla  materia  «coordinamento
della finanza pubblica» anche la disposizione che impone alla Regione
di relazione sull'applicazione e gli esiti del  comma  865,  ai  fini
degli adempimenti la cui verifica e' rimessa  al  Tavolo  tecnico  ex
art. 12 dell'Intesa tra lo Stato le regioni e  le  province  autonome
del 23 marzo 2005, nonche' ai fini  dell'erogazione  della  quota  di
finanziamento del S.S.R. di cui all'art. 2,  comma  68,  lettera  c),
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (comma 866). 
    Al contempo, le  disposizioni  in  esame  afferiscono  certamente
anche alla materia «tutela della salute», e cio', da  una  parte,  in
quanto indirizzano dettagliatamente  gli  obiettivi  della  dirigenza
sanitaria, vincolando  l'indennita'  di  risultato  a  una  specifica
finalita' e disciplinano in base al suo raggiungimento  le  modalita'
di riconoscimento della stessa, dall'altra in quanto  incidono  sulla
spesa sanitaria, condizionando l'erogazione del finanziamento del SSN
a  uno  specifico  ulteriore  adempimento  regionale  (l'invio  della
relazione sull'applicazione e sugli esiti  della  misura  di  cui  al
comma 865 sulla dirigenza sanitaria). 
    Del resto, questa Corte ha costantemente ricondotto la disciplina
della dirigenza sanitaria al prevalente  ambito  della  tutela  della
salute, facendo leva sulla stretta inerenza con l'organizzazione  del
servizio sanitario regionale (sentenze n. 181 del  2006,  n.  50  del
2007, n. 371 del 2008). 
    Non  solo.   Evidentemente   le   disposizioni   impugnate,   con
particolare riferimento ai commi  865  e  857  dell'art.  1,  laddove
individuano un obiettivo specifico  di  risultato  per  la  dirigenza
sanitaria, fissano la quota dell'indennita' di risultato destinata  a
tale obiettivo (doppia nel caso di cui al comma 857), determinano  le
condizioni a ricorrere delle quali tale quota puo' essere, in tutto o
in  parte,  riconosciuta,  incidono  sulla  competenza  residuale  in
materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa regionale»  e
di «organizzazione e funzionamento della Regione»,  riconducibili  al
quarto comma dell'art. 117 della Costituzione. 
    3. L'inestricabile intreccio con materie di competenza  regionale
comporta il dovere del legislatore statale  di  predisporre  adeguati
strumenti di  coinvolgimento  delle  regioni,  a  difesa  delle  loro
competenze,  al  fine  di  contemperare  le  ragioni   dell'esercizio
unitario   delle   stesse   con   la    garanzia    delle    funzioni
costituzionalmente attribuite alle  autonomie  (sentenze  n.  65  del
2016, n. 88 del 2014 e n. 139 del 2012). 
    Questa  Ecc.ma  Corte  ha  sempre  piu'  valorizzato   la   leale
collaborazione quale principio guida nell'evenienza  di  uno  stretto
intreccio fra materie e competenze, e  ha  ravvisato  nell'intesa  la
soluzione che meglio incarna la collaborazione (di recente,  sentenze
n. 21 e n. 1 del 2016). 
    Questa Ecc.ma Corte ha individuato nel sistema  delle  conferenze
«il principale strumento che consente alle Regioni di avere un  ruolo
nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali
che incidono su materie di competenza regionale» (sentenza n. 401 del
2007) e «una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole
destinate ad  integrare  il  parametro  della  leale  collaborazione»
(sentenza n. 31 del 2006), sicche' l'intesa  in  sede  di  Conferenza
unificata e' stata individuata quale strumento idoneo a realizzare la
leale collaborazione tra  lo  Stato  e  le  autonomie  (ex  plurimis,
sentenze n. 88 del 2014, n. 297 e n.  163  del  2012),  «qualora  non
siano coinvolti interessi esclusivamente e individualmente imputabili
al singolo ente autonomo» (sentenza n. 1 del 2016). 
    Si precisa, peraltro, come questa Ecc.ma Corte abbia in ogni caso
riconosciuto l'obbligo  del  legislatore  statale  di  assicurare  il
rispetto del principio di leale collaborazione in senso «forte» anche
nel caso in cui la disciplina, pur ascrivendosi prevalentemente a una
materia di competenza legislativa esclusiva  statale,  coinvolga  una
pluralita' di interessi e competenze regionali. Quando  si  determina
una «sovrapposizione di competenze» per cui  la  disciplina  statale,
pur  prevalentemente  riconducibile  a  un  ambito  di   legislazione
esclusiva,  «tocca  direttamente  un  interesse  differenziato  della
regione  e  che  interferisce  in  misura  rilevante   sulle   scelte
rientranti nelle competenze della medesima», il  legislatore  statale
e' obbligato ad «attribuire adeguato rilievo al  principio  di  leale
collaborazione,  «le  cui  potenzialita'  precettive  si  manifestano
compiutamente negli ambiti  di  intervento  nei  quali  s'intrecciano
interessi ed esigenze di diversa matrice» (sentenza n. 33 del  2011).
E l'applicazione di  questo  canone  impone  alla  legge  statale  di
predisporre adeguate modalita'  di  coinvolgimento  delle  regioni  a
salvaguardia delle loro competenze» (sentenze nn. 230 del 2013  e  n.
33 del 2011). 
    4. Come noto, del resto,  nel  settore  sanitario  tali  principi
hanno trovato espressione nei c.d. Patti per la Salute, intese di cui
all'art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, che  consistono  in
accordi finanziari e programmatici tra il Governo e  le  regioni,  di
valenza triennale, in merito alla spesa  e  alla  programmazione  del
Servizio sanitario nazionale, finalizzati a  migliorare  la  qualita'
dei servizi, a promuovere  l'appropriatezza  delle  prestazioni  e  a
garantire l'unitarieta' del sistema. 
    Come confermato piu' volte da  questa  Corte,  il  Patto  per  la
Salute e' la sede naturale dove dare attuazione al principio di leale
collaborazione tra Governo e regioni nelle materie  di  tutela  della
salute e coordinamento della finanza pubblica. I patti per la  Salute
vengono recepiti in legge dello Stato, divenendo cosi' vincolanti per
le regioni (cfr. sentenze nn. 40 e 100  del  2010),  e  rappresentano
quindi una sostanziale modalita' di partecipazione delle  regioni  al
procedimento ascendente di formazione della normativa  statale  nelle
materie de quibus. 
    Si aggiunga che, proprio con riferimento  alla  disciplina  della
riforma della dirigenza sanitaria regionale, questa Ecc.ma  Corte  ha
recentemente avuto modo di evidenziare l'obbligo per  il  legislatore
statale  di  «muoversi  nel   rispetto   del   principio   di   leale
collaborazione, indispensabile anche  in  questo  caso  a  guidare  i
rapporti tra lo Stato e il  sistema  delle  autonomie  (ex  plurimis,
sentenze n. 26 e n. 1 del 2016, n. 140 del 2015, n. 44 del  2014,  n.
237 del 2009, n. 168 e n.  50  del  2008).  Poiche'  le  disposizioni
impugnate  toccano  sfere  di  competenza  esclusivamente  statali  e
regionali, il luogo idoneo di espressione della leale  collaborazione
deve essere individuato nella Conferenza Stato-Regioni» (sentenza  n.
251 del 2016). E proprio per  uniformarsi  a  questa  statuizione  e'
stato acquisita l'intesa in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano del 6 aprile 2017 per l'adozione del  decreto  legislativo
26 luglio 2017, n. 126, di modifica del decreto legislativo 4  agosto
2016, n. 171 (recante «Attuazione della delega di  cui  all'art.  11,
comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di
dirigenza sanitaria»). 
    Non solo. L'art. 2, comma 3, del decreto legislativo n. 126/2017,
recante «Disposizioni relative al  conferimento  degli  incarichi  di
direttore  generale»,  prevede  un  «Accordo  sancito  in   sede   di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano» per definire «i  criteri  e
le  procedure»  per  la  valutazione  dell'attivita'  dei   direttori
generali. 
    5.   Stante   quanto   precede   emerge   con   tutta    evidenza
l'incostituzionalita' delle disposizioni impugnate per violazione del
principio di leale collaborazione ex articoli 5 e  120  Cost.,  tanto
con  riferimento  all'obbligo  di  integrazione  dei  contratti   dei
direttori generali e dei direttori sanitari con la previsione  di  un
vincolo consistente  dell'indennita'  di  risultato  rispetto  a  uno
specifico obiettivo e ai  criteri  per  il  relativo  riconoscimento,
percentuale di indennita' addirittura raddoppiata nel caso di mancata
richiesta dell'anticipazione  di  liquidita'  di  cui  al  comma  849
dell'art.   1   (commi   857   e   865),   quanto   con   riferimento
all'introduzione  di  tale  adempimento  fra  quelli  richiesti   per
l'erogazione del finanziamento del S.S.N. a carico dello Stato (comma
866). 
    In  senso  diametralmente  difforme  dai   richiamati   principi,
infatti, il legislatore statale ha adottato le disposizioni impugnate
senza prevedere alcuno strumento  partecipativo  delle  regioni,  ne'
nella forma dell'intesa ne' in altro tipo di forma collaborativa. 
    Il difetto di concertazione e' mancato tanto a monte, in sede  di
adozione delle disposizioni impugnate, quanto a  valle,  non  essendo
stati   predisposti   adeguati   modelli   concertativi   forti   per
l'attuazione delle stesse.  Tanto  piu'  che  la  natura  di  massimo
dettaglio   delle    citate    disposizioni    impedisce    comunque,
indipendentemente dall'omessa previsione dell'intesa nel testo  delle
medesime, che qualsiasi meccanismo collaborativo possa  essere  posto
in essere a valle. In altri termini, e' la stessa scelta  legislativa
di introdurre una previsione di natura auto applicativa a viziare  in
nuce le disposizioni impugnate per violazione dei principi  di  leale
collaborazione. 
    Violazione che, come visto, ridonda sulle competenze  legislative
costituzionalmente  attribuite  alla  Regione  in  svariate   materie
concorrenti  e  residuali,  nonche'  sulle  corrispondenti   funzioni
amministrative e regolamentari ex articoli 114, 117, commi 3, 4 e  6,
e 118, commi 1 e 2, della Costituzione. 
    La lesione appare tanto piu' evidente in considerazione del fatto
che, in sede di Accordo tra Governo e regioni sulla manovra  2019  in
tema di Sanita', sia stata prevista la sottoscrizione del  Patto  per
la Salute 2019/2021 entro il prossimo 31 marzo 2019,  sicche'  e'  in
quella sede che le misure  qui  contestate  avrebbero  dovuto  essere
discusse e condivise. 
    Si chiede dunque la dichiarazione  di  incostituzionalita'  delle
disposizioni impugnate sotto questo primo assorbente profilo. 
II. Incostituzionalita' delle disposizioni impugnate  per  violazione
dell'art. 117, comma 3, 4 e 6 della Costituzione. 
    1.  Le  disposizioni  impugnate  si  mostrano   incostituzionali,
comunque, anche sotto un ulteriore profilo. 
    Si e' accennato che  l'art.  1,  comma  858  definisce  «principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  degli
articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione»,
tra le altre, le disposizioni di cui ai commi 865 e 866. 
    2. Si ribadisce sinteticamente  che  il  comma  865  impone  alle
regioni i cui enti del servizio sanitario nazionale non rispettino  i
tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, di  integrare
i  contratti  dei  relativi  direttori  generali  e   dei   direttori
amministrativi, inserendo uno specifico obiettivo volto  al  rispetto
dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita'  di
risultato. La quota  dell'indennita'  di  risultato  condizionata  al
predetto obiettivo non puo' essere inferiore  al  30  per  cento.  La
disposizione  prevede  poi  singoli  scaglioni  di  modulazione   del
riconoscimento della  predetta  quota  dell'indennita',  in  base  ai
giorni di ritardo registrati e alla riduzione del debito  commerciale
residuo (comma 865). 
    La quota di indennita' di risultato da destinare all'obiettivo di
riduzione dei termini di pagamento e' raddoppiata al 60 per cento nel
caso  in  cui  le  regioni  non  abbiano  provveduto   a   richiedere
l'anticipazione di liquidita' di cui al comma 849  entro  il  termine
previsto del  28  febbraio  2019,  e  per  quelli  che  pur  avendola
richiesta non abbiano effettuato il pagamento entro il termine di  30
giorni dall'erogazione da parte dell'ente finanziatore (comma 857). 
    Il comma 866 impone invece alle Regioni la  trasmissione  di  una
relazione sull'applicazione del comma 865 e sui relativi  «esiti»  al
Tavolo di verifica per gli adempimenti regionali, istituito presso il
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -   Dipartimento   della
ragioneria generale dello Stato, ai sensi dell'art. 12 dell'Intesa in
Conferenza  Stato-Regioni  del  23  marzo  2005.  L'invio  di  questa
relazione costituisce adempimento «anche ai fini e per  gli  effetti»
dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre  2009,  n.
191 (comma 866), cioe' per l'erogazione  anticipata  della  quota  di
finanziamento del SSN. 
    3. Come detto, e' affermazione costante di  questa  Corte  quella
per cui l'interpretazione di una legge o di alcune  sue  disposizioni
in  un  determinato  significato  non  puo'  discendere  soltanto  da
affermazioni formali o auto qualificazioni del legislatore,  ma  deve
avere  una  puntuale  rispondenza  nella   natura   effettiva   delle
disposizioni  interessate,  quale  si  desume  dal   loro   contenuto
normativa, dal loro oggetto, dal loro scopo e  dalla  loro  incidenza
nei confronti di altre norme dell'ordinamento (tra le tante, sentenze
n. 200 e n. 164 del 2012 e n. 85 del 1990). 
    Quanto, poi, al perimetro della nozione «principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica», e' stato affermato che sebbene
il legislatore possa, con una disciplina di principio, legittimamente
«imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario
connesse ad obiettivi nazionali, condizionati  anche  dagli  obblighi
comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche  se  questi  si
traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di
spesa degli enti» (sentenza n. 182 del 2011), questi vincoli  possono
considerarsi rispettosi dell'autonomia delle  Regioni  e  degli  enti
locali quando stabiliscono un «limite complessivo,  che  lascia  agli
enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi
ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 182 del 2011,  n.  297  del
2009, n. 289 del 2008 e n.  169  del  2007).  Lo  Stato,  quindi,  e'
comunque tenuto a garantire «principi rispettosi di uno spazio aperto
all'esercizio dell'autonomia regionale» (sentenza n. 182 del 2011). 
    In caso contrario, la norma statale non puo' essere  ritenuta  di
principio   (sentenza   n.   159    del    2008),    a    prescindere
dall'auto-qualificazione operata dal legislatore (sentenza n. 237 del
2009). 
    Si e' osservato, ancora, che la materia del «Coordinamento  della
finanza pubblica» non puo' essere limitata alle norme aventi lo scopo
di limitare la spesa, ma comprende anche quelle aventi la funzione di
«riorientare»  la  spesa  pubblica,  per  una  complessiva   maggiore
efficienza del sistema (sentenza n. 272 del 2015). 
    4.  Tanto  premesso,  si  ritiene  che,  contrariamente  all'auto
qualificazione  loro  impressa  dal  comma   858,   le   disposizioni
contestate non possano essere considerate espressione di principi  di
coordinamento della finanza pubblica, e cio'  sotto  due  concorrenti
profili. 
    5. In primo luogo, in  ragione  di  tutto  quanto  detto  con  il
precedente motivo, non sembra possibile ricondurre le  varie  materie
intersecate da tali disposizioni a una prevalente. 
    Se non altro, risulta evidente la concorrenza di  materie  quanto
meno  con  riferimento  alla  «tutela  della  salute»,   specie   con
riferimento ai commi 857 e 865 sulla dirigenza sanitaria. 
    Come detto, infatti, questa Corte ha costantemente ricondotto  la
disciplina  della  dirigenza  sanitaria  in  strutture  del   settore
sanitario al «prevalente» ambito della tutela della salute, a  fronte
di un'ampia gamma di materie contestualmente coinvolte, facendo  leva
sulla stretta inerenza con l'organizzazione  del  servizio  sanitario
regionale, sulla gestione  e  sull'efficienza  dei  servizi  sanitari
(sentenza n.  422  del  2006),  e  sulla  stesse  condizioni  per  la
fruizione delle prestazioni rese all'utenza, «essendo  queste  ultime
condizionate,  sotto  molteplici  aspetti,  dalla  capacita',   dalla
professionalita' e  dall'impegno  di  tutti  i  sanitari  addetti  ai
servizi,  e  segnatamente  di  coloro  che  rivestono  una  posizione
apicale» (sentenze n. 181 del 2006, n. 50 del 2007). 
    Cio' induce a escludere che le disposizioni impugnate afferiscano
prevalente nell'area del coordinamento della finanza pubblica. 
    5. In ogni caso, anche ad accedere a questa interpretazione, esse
non  si  atteggerebbero  comunque  a  «principi  fondamentali»  della
materia. 
    Ne',  per  analoghe  ragioni,  potrebbero  essere  ricondotte   a
principi fondamentali dettati nella materia «tutela della salute». 
    E' infatti palese che il legislatore statale, vincolando  regioni
all'adozione di misure analitiche e di dettaglio, al cui  adempimento
risulta   altresi'   condizionata   l'erogazione   della   quota   di
finanziamento del S.S.N. a cui concorre ordinariamente lo  Stato,  ne
ha  compresso  illegittimamente   l'autonomia,   anche   finanziaria,
esorbitando dal compito di formulare  i  soli  principi  fondamentali
della materia (sentenza n. 159 del 2008). 
    Questa Corte ha gia', in altre  occasioni,  ravvisato  l'indebita
compressione  dell'autonomia  finanziaria  delle  Regioni  realizzata
attraverso interventi statali che  imponevano  al  sistema  regionale
rigide misure concernenti la spesa per  studi,  consulenze,  missioni
all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni  (sentenza
n. 417 del 2005); la spesa per viaggi in aereo (sentenza n.  449  del
2005); i  compensi  e  il  numero  massimo  degli  amministratori  di
societa' partecipate dalla Regione (sentenza n.  159  del  2008);  le
spese per autovetture (sentenza n. 297 del 2009). 
    6. Anche nel caso qui in esame, nonostante la qualificazione come
«disposizioni di principio», il carattere dettagliato e  puntuale  di
tali  disposizioni  precludere  qualsiasi  possibilita'  di  autonomo
adeguamento da parte delle regioni. 
    E infatti, come visto, le disposizioni in esame: 
        a fronte dell'inadempimento  agli  obblighi  in  materia  dei
termini di pagamento previsti dalla legislazione  vigente,  impongono
alla Regione di integrare i contratti dei direttori  generali  e  dei
direttori amministrativi (comma 865); 
        tale   integrazione    dovra'    necessariamente    prevedere
l'introduzione di uno specifico risultato di riduzione dei termini di
pagamento,   cui   dovra'   essere   destinata   una   quota    fissa
dell'indennita' di risultato (comma 865); 
        prevedono scaglioni fissi di  raggiungimento  dell'obiettivo,
cui  e'  subordinato  il  riconoscimento,  in  tutto  o   in   parte,
dell'indennita' di risultato (comma 865); 
        stabiliscono   che,   in   caso    di    mancata    richiesta
dell'anticipazione di cui al comma 849, o di  mancato  pagamento  nei
termini  una  volta  ottenuta  l'anticipazione,  la  predetta   quota
dell'indennita' di risultato dovra' essere pari almeno al 60%  (comma
857); 
        stabiliscono che l'applicazione e gli esiti della  misura  in
esame,  da  relazionare  al  tavolo  tecnico  per   gli   adempimenti
regionali, costituisce  adempimento  ai  fini  dell'erogazione  della
quota di finanziamento del SSN a cura dello Stato. 
    Appare quindi evidente che,  anche  a  ritenere  che  l'obiettivo
perseguito sia quello di contenere o orientare la spesa delle regioni
e degli enti del S.S.N., il legislatore non ha lasciato alcun margine
di autonomia all'ente regionale sul come perseguire la misura. 
    La regione, in altri termini, a fronte  dell'inadempimento  degli
enti del servizio sanitario nazionale alla normativa  in  materia  di
termini  di  pagamento  dei  debiti  commerciali,  e'   vincolata   a
perseguire l'obiettivo di  riduzione  dei  predetti  tempi  nel  modo
prescelto, dettagliatamente (e cioe'  nei  mezzi,  nei  modi,  e  nel
quantum), dal legislatore statale, cosi' vedendo  menomata  anche  la
propria autonomia finanziaria, non avendo alcuna discrezionalita'  di
perseguire  l'obiettivo  attraverso  una  diversa  modulazione  degli
ambiti e obiettivi di spesa. 
    Le disposizioni  impugnate  si  confermano  quindi  lesive  delle
competenze  regionali  attribuite  dall'art.  117,  comma  3,   della
Costituzione, nella materia del coordinamento della finanza  pubblica
e della tutela della salute. 
III. Incostituzionalita' delle disposizioni impugnate per  violazione
degli articoli 3, 97,117, commi 3, 4 e 6, 118, commi  1  e  2,  della
Costituzione.   Violazione   dei   principi   di   ragionevolezza   e
proporzionalita'. 
    1. Un ulteriore profilo di incostituzionalita' delle disposizioni
impugnate concerne prettamente l'irragionevolezza  e  il  difetto  di
proporzionalita' (ex articoli 3 e 97 Cost.) delle stesse, tanto nella
parte (commi 857 e 865) in cui impongono alle regioni di integrare  i
contratti della dirigenza sanitaria con l'introduzione dell'obiettivo
di  riduzione  dei  termini  di  pagamento  dei  debiti  commerciali,
destinando allo stesso almeno il  30%  dell'indennita'  di  risultato
(60% in caso di mancata richiesta dell'anticipazione di cui al  comma
849 o di non ottemperanza  al  pagamento  a  seguito  dell'erogazione
della predetta anticipazione), quanto nella parte (comma 866) in  cui
stabiliscono che l'applicazione di tale misura  e  i  relativi  esiti
costituiscono adempimento ai fini delle verifiche del tavolo  tecnico
per  gli  adempimenti  in  materia  sanitaria  e   per   l'erogazione
anticipata della quota di  finanziamento  del  SSN  cui  concorre  lo
Stato. 
    2. Secondo  il  consolidato  orientamento  di  questa  Corte,  il
principio  di  razionalita',  emancipato   rispetto   a   quello   di
uguaglianza,  deve  essere  inteso  sia  nel  senso  di  razionalita'
formale, cioe' del principio logico di non  contraddizione,  sia  nel
senso di razionalita' pratica, ovvero di ragionevolezza, di  coerenza
intrinseca della norma rispetto alla ratio che  ne  e'  a  fondamento
(sentenza n. 172 del 1996). La coerenza e' rispondenza  logica  della
norma rispetto al fine perseguito dalla legge, ovvero alla sua ratio.
Difetta la ragionevolezza laddove «la legge manca il suo obiettivo  e
tradisce la sua ratio» (sentenza 43 del 1997). 
    Il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso  a
criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge
attraverso ponderazioni  relative  alla  proporzionalita'  dei  mezzi
prescelti dal legislatore nella sua  insindacabile  discrezionalita',
rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle  finalita'  che
intende  perseguire,  tenuto  conto   delle   circostanze   e   delle
limitazioni concretamente sussistenti (sentenza n. 108 del 1994). 
    Il  principio   di   proporzionalita'   deve   trovare   rigorosa
applicazione nel contesto delle relazioni fra Stato e regioni, specie
quando la  previsione  della  «sanzione»  ad  opera  del  legislatore
statale  comporti  una  significativa   compressione   dell'autonomia
regionale (sentenze n. 156 del 2015, n. 278 e n. 215 del 2010, n.  50
del 2008, n. 285 e n. 62 del 2005, n. 272 del 2004). 
    3. Le norme contestate  non  rispondono  ai  riferiti  canoni  di
coerenza e proporzionalita'. 
    Esse introducono, al fine di ridurre i termini di  pagamento  dei
debiti degli enti del  SSN,  una  misura  obbligata  da  parte  delle
regioni, che impinge direttamente sulla  direzione  strategica  della
dirigenza  medica  (direttori  generali  e   amministrativi),   cosi'
esautorando in misura consistente la Regione e  la  stessa  dirigenza
sanitaria  dalla  possibilita'  di  orientare  gli  obiettivi  e   le
priorita'  dell'azione  amministrativa,  che  evidentemente   possono
essere meglio individuate a livello locale, in base  alle  specifiche
esigenze,  problematiche,  necessita'  del  contesto   sanitario   di
riferimento. 
    Esigenze che, funzionalizzando gli obiettivi  della  dirigenza  a
una specifica  finalita'  economico-finanziaria,  potrebbero  perdere
della priorita' e rilevanza di cui  necessiterebbero,  in  violazione
dei principi di buon andamento, differenziazione e adeguatezza. 
    L'irragionevolezza dell'opzione legislativa risulta ulteriormente
avvalorata dal dato per cui, orientando l'azione amministrativa della
direzione strategica delle  Aziende  sanitarie  verso  uno  specifico
risultato al cui raggiungimento e' vincolato il riconoscimento di una
piu'   che   consistente   quota   dell'indennita'   di    risultato,
risulterebbero ingiustamente  sacrificati  gli  obiettivi  prioritari
piu' attinenti alla tutela della salute, specie il raggiungimento  di
un piu' alto livello di erogazione dei LEA. 
    Per  di  piu',  ancora  sotto   il   profilo   del   difetto   di
proporzionalita',  le  misure  introdotte  dal  legislatore   statale
impongono di destinare almeno il  30%  dell'indennita'  di  risultato
(almeno il 60% nel caso di cui al comma 857) dei direttori generali e
amministrativi all'obiettivo del rispetto dei termini  di  pagamento,
fissando gli scaglioni di riconoscimento di  tale  indennita',  senza
tenere  in  considerazione  il  debito  commerciale  complessivo,   i
progressi nei termini di pagamento rispetto agli esercizi precedenti,
le cause del ritardo, le eventuali responsabilita' o al  contrario  i
progressi ottenuti dal  singolo  dirigente  sanitario  rispetto  alla
progressiva  riduzione  del  debito  commerciale  e  dei  termini  di
pagamento. 
    4.  Non  basta.   Le   disposizioni   in   esame   difettano   di
ragionevolezza e proporzionalita' anche nella parte in cui  prevedono
che l'applicazione e gli «esiti» della misura di  cui  al  comma  865
costituisca adempimento ai fini delle verifiche del tavolo tecnico  e
del riconoscimento della quota di finanziamento del SSN cui  concorre
lo Stato. 
    In primo luogo, e per gli stessi motivi appena esposti, in questo
modo la possibile mancata erogazione del finanziamento statale  viene
fatta discendere in maniera automatica dal  mancato  adempimento  dei
termini di pagamento degli enti del SSN, senza che si abbia  riguardo
ai  progressi  ottenuti  rispetto  all'obiettivo  e  alle  specifiche
responsabilita' in materia, nonche' alla  complessiva  riduzione  del
debito commerciale residuo. 
    In ogni caso, non si capisce cosa si intende per «applicazione ed
esiti»  del  comma  865:  non  e'  chiaro,  cioe',  se  l'adempimento
richiesto ai fini  dello  svincolo  del  finanziamento  sia  la  sola
trasmissione  della  relazione  regionale  circa  l'integrazione  dei
contratti della dirigenza sanitaria, o se l'adempimento cui  consegue
l'erogazione   del   finanziamento    verra'    funzionalizzato    al
riconoscimento integrale  della  quota  di  indennita'  di  risultato
destinata alla riduzione dei  termini  di  pagamento  (riconoscimento
integrale possibile solo in caso di mancati ritardi). 
    La non chiarezza della formulazione normativa  incide  sulla  sua
intrinseca ragionevolezza ed e' tanto piu' rilevante perche' connessa
a un elemento essenziale per la Regione e per il  servizio  sanitario
regionale, qual e' l'erogazione del finanziamento statale. 
    Sotto un concorrente profilo, intesa in quest'ultimo  senso,  che
sembra plausibile in ragione dell'inciso, contenuto nel comma 866 per
le sole regioni ordinarie,  per  cui  il  contenuto  della  relazione
regionale dovra' riguardare non solo l'applicazione del comma 865, ma
anche i relativi «esiti», le  disposizioni  impugnate  non  sarebbero
nemmeno idonee a raggiungere lo scopo che  ne  dovrebbe  giustificare
l'adozione. 
    La mancata  erogazione  della  quota  di  finanziamento  statale,
infatti, potrebbe incidere ulteriormente sul  ritardo  dei  pagamenti
degli  enti  del  SSN  e  sull'accumularsi  del  debito   commerciale
complessivo. 
    Si ribadisce, ai fini dell'ammissibilita' della presente censura,
che  le  disposizioni  impugnate  incidono  su  numerosi  profili  di
competenza  della  Regione  ricorrente,  non  solo  in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica, ma soprattutto  in  materia  di
tutela della salute e quindi di organizzazione del servizio sanitario
regionale,  nonche'  in   generale   sulla   materia   residuale   di
organizzazione amministrativa della regione, come pure sulla relativa
autonomia finanziaria. 
    Anche sotto i profili  innanzi  esposti  si  impone,  dunque,  la
dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 1, commi  857,  865  e
866 della legge n. 145/2018.